Non se lo aspettava nessuno. È vero, l’Italia è un Paese che deve fare ancora moltissima strada prima di superare alcune note posizioni filo proibizioniste nei confronti della cannabis, ma chi si sarebbe mai aspettato che il Ministero della Salute, come un fulmine a ciel sereno, avrebbe addirittura incluso gli estratti di cannabidiolo nella lista delle sostanze stupefacenti?
La notizia crea ancora maggiore sgomento se pensiamo che a capo del Ministero della Salute ci dovrebbe essere il Ministro più a Sinistra di tutto l’Esecutivo, Roberto Speranza, il quale non ha mai manifestato posizioni proibizioniste nei confronti della cannabis. Sarà che tutto lo stress per la gestione dell’emergenza COVID lo ha reso poco lucido? Oppure, più realisticamente, il tanto impegno degli ultimi mesi lo ha distratto?
Un assist alle multinazionali farmaceutiche?
Il punto interrogativo è un obbligo quando si avanzano certe supposizioni. Tuttavia nel decreto si legge che l’intervento è stato reso necessario dal prossimo arrivo sugli scaffali delle farmacie di un nuovo farmaco a base di CBD, che ha superato con successo tutti i test a cui è stato sottoposto dagli organismi addetti dell’Unione Europea.
A differenza di quanto fatto su altri siti, non citeremo qui il nome del farmaco in questione, visto che non viene nominato nel testo del decreto.
Potrebbe essere che, per tutelare i legittimi interessi di alcune aziende farmaceutiche, si sia deciso di affossare un’industria che in Italia occupa migliaia di persone, l’80% di età inferiore a 30 anni.
D’altro canto, in questo blog abbiamo sempre avuto una posizione molto obiettiva rispetto al settore della cannabis light, affermando che un settore totalmente deregolamentato è per definizione in balia di altre regolamentazioni, applicate ad altri settori, che prima o dopo potrebbero finire per distruggerlo.
Una analogia con il settore dei prodotti a base di nicotina
La vicenda del CBD mi ricorda un’analoga situazione che riguarda un prodotto a base di nicotina estremamente innovativo, che sta conquistando sempre più mercati, sebbene non sia ancora presente in Italia.
Mi riferisco alle nicotine pouches. Ho scritto un intero articolo a riguardo, quindi non mi soffermerò qui a spiegarvi cosa sono e come funzionano. Mi limiterò a dire che anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un prodotto che è totalmente deregolamentato, in quanto estremamente nuovo.
La situazione è veramente molto simile a quella relativa al CBD, in quanto anche le nicotine pouches sono assimilabili, in termini di effetti, a diversi prodotti farmaceutici a base di nicotina. Proprio per questa ragione, le nicotine pouches potrebbero rientrare, a seconda dell’interpretazione del legislatore, nella categoria farmaceutica oppure in quella del tabacco. La realtà è che i tempi della legge sono lunghi e per mesi se non anni le nicotine pouches rimarranno in un limbo legislativo che le renderà sempre vulnerabili a decisioni improvvise prese dagli Esecutivi dei diversi paesi.
Nessun giudizio, una constatazione
Non siamo nessuno per poter affermare che la decisione presa dal Governo sia giusta o sbagliata. Possiamo avere le nostre opinioni personali, ma non sono d’accordo con chi dice che questo decreto è “folle” e rischia di distruggere un intero settore.
Ciò che distrugge ogni giorno il settore della cannabis light non è il decreto, è la totale assenza di regolamentazione, la mancanza di un inquadramento giuridico della materia, l’inadeguatezza delle leggi attuali a rispondere ai bisogni di un mercato moderno.
Dall’altra parte, chi decide di investire tutti i propri risparmi, magari facendo una buona dose di debiti, per diventare un imprenditore della cannabis in Italia, lo deve fare consapevole del fatto che il suo progetto potrebbe naufragare da un giorno all’altro. Come ci è stato appena dimostrato, bastano un paio di righe in un decreto.
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